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Rosa Chemical, giovane promessa della musica rap italiana protagonista della nuova cover di KULT

Rosa Chemical KULT

Protagonista della nostra cover story, Rosa Chemical dopo il successo di Polka, certificato disco d’oro, lancia il nuovo Repack. Un album carico delle sue sfumature e ricco di collaborazioni. Ce ne parla nell’intervista realizzata per il nuovo numero.

Rosa Chemical KULT

Rosa Chemical KULT
Ph. Riccardo Cagnotto (art direction Rosa Chemical)

Carismatico, istrionico, sfacciato e controverso. Nemmeno un anno fa Rosa Chemical ha iniziato a fare musica per caso, raggiungendo un risultato importante. Il suo lavoro più importante è stato “Polka”, anche se con testi e video discutibili (ma dice che il suo linguaggio è ironico e va interpretato), ha raggiunto oltre 14 milioni di stream sulle piattaforme digitali. La sua è una voce che può essere paragonata a quella di un ribelle perché ha voglia di esistere.

Originario di Torino con influenze russe e un passato da street artist, pittore e illustratore Rosa Chemical, classe 1998, è il giovane cantautore della musica contemporanea che, tra rap, trap e anche tanto hip hop, racconta senza nessun freno la sua realtà. Un mix di maschile e femminile in una performance totale, distaccandosi dal “machismo” a cui siamo abituati in ogni ambito.

Nel suo nuovo repack i brani sono accompagnati da un’immagine che interpreta simbolicamente un messaggio o uno stato emotivo legato ad ognuno di essi, attraverso citazioni che spaziano dall’arte contemporanea a riferimenti iconici della cultura popolare.

Lo abbiamo raggiunto ora che sta lanciando il suo ultimo lavoro con 5 inediti e una serie di collaborazioni insieme ad artisti come Guè Pequeno o Ernia, che aggiungono valore al suo percorso. Ecco un estratto dell’intervista.

Sta uscendo il tuo nuovo lavoro con 5 inediti. Quale pezzo ami di più?

Ce ne sono diversi. “Polka” è sicuramente il brano che più mi rappresenta e che più sono riuscito a rendere mio. Quello che invece rispecchia maggiormente il mio stato d’animo è “Fantasmi”. Il brano in cui credo di aver fatto il lavoro migliore, in termini di fruibilità, è senza dubbio alcuno “No love”.

Nel repack edition ci sono le collaborazioni con Guè Pequeno, Ernia, Mambolosco e Radical. Com’è stato lavorare con questi artisti? 

Con alcuni di loro, come Radical c’era già un’amicizia e un legame duraturo. Con Mambolosco ci siamo conosciuti tempo fa ed è stato subito feeling, mentre Guè ed Ernia sono arrivati in corsa in questo strano anno di pandemia. È stato più difficile lavorare con altri artisti durante il lockdown viste le restrizioni e l’impossibilità di “assembrarci”, ma per me è stato un onore più che un piacere lavorare con artisti di questo calibro: mi professo da sempre dogofiero e fan di Guè da tempi immemori e stimo moltissimo Ernia, soprattutto per il bel percorso che sta facendo.

Cosa sogni per il tuo futuro?

Di espandermi a macchia d’olio sul territorio italiano. Ora la normalità è un certo genere di rapper, ma io cerco di affermare un nuovo status. Mi auguro di avere altri dieci anni di musica al top della mia carriera per poi dedicarmi all’imprenditoria e morire pittore.

Una collaborazione che vorresti realizzare? 

Sicuramente con Cesare Cremonini.

In alcuni video e testi delle tue canzoni emerge un lato molto dibattuto della scena, soprattutto negli ultimi tempi. Come ti rapporti alle critiche sull’uso di certi termini e lo stereotipo estremizzato della figura del rapper?

Non c’è mai odio nelle mie parole, perché l’odio l’ho vissuto sulla mia pelle. Basta guardare il mio stile per capire che per anni mi sono state rivolte parole d’insulto. Ho dovuto  imparare da solo a farmi forza e a vivere la mia sessualità in maniera libera, scevra da condizionamenti. Per il resto, demonizzo le droghe e le forme di violenza. La mia vita, da sempre, ruota introno a mia madre, ho troppo amore e troppo rispetto per lei che mi ha insegnato non solo ad amare le donne, ma a relazionarmi con loro come avrei fatto con lei. Non sempre e non per forza siamo quello che narriamo, per me toccare certi argomenti con questo tipo di musica significa anche creare un dibattito e cercare di educare il pubblico al dialogo su quelli che fino a poco tempo erano argomenti taboo.

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