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Eva & Franco Mattes: l’intervista su KULT Magazine

Eva & Franco Mattes PH COURTESY OF Eva & Franco Mattes

KULT incontra l’incredibile duo artistico composto da Eva & Franco Mattes. Ecco un estratto dall’intervista sul nuovo numero.

Eva & Franco Mattes PH COURTESY OF Eva & Franco Mattes

Eva & Franco Mattes PH COURTESY OF Eva & Franco Mattes

Foto di gatti divertenti con didascalie inquietanti condivise sui social media. Immagini digitali che circolano invisibili attraverso l’infrastruttura di Internet. Lavoratori anonimi assunti online per rimuovere contenuti web moralmente dubbi. Da sempre affascinati dal lato più misterioso e oscuro della rete, Eva & Franco Mattes ne indagano gli effetti sull’etica e la politica del nostro quotidiano. La loro prima mostra monografica in un museo ci aiuta a riflettere su come le immagini definiscano sempre più il nostro comportamento privato e sociale.

Come si è evoluta la vostra visione della Net Art parallelamente allo sviluppo che Internet ha avuto nel corso degli ultimi 20 anni?

EM: Abbiamo sperimentato in prima persona la prima fase di Internet, quella “utopica”, dove tutto era ancora da creare e sembrava che tutto fosse possibile. Era entusiasmante pubblicare i nostri lavori in rete e vedere la reazione della gente. Col passare del tempo la rete è cambiata moltissimo, è diventata più centralizzata, più commerciale e più controllata. La nostra visione utopica di Internet si è lentamente trasformata in una sorta di distopia, così anche i nostri lavori si sono adattati per riflettere questi cambiamenti. FM: Se nei primi anni eravamo ossessionati dalla visibilità, dall’over sharing, dal raggiungere un’audience sempre più vasta, oggi al contrario cerchiamo quasi clinicamente soluzioni di invisibilità, come sottrarsi all’attenzione. Trovo sia molto liberatorio poter ignorare gli strumenti che quantificano la nostra attenzione, i nostri comportamenti e le nostre emozioni.

Quali sono i rischi e i benefici dell’evoluzione delle nostre connessioni sociali online?

FM: È un ottimo documentario e chiunque l’abbia visto e conosca la storia di Internet non può che condividere la tesi centrale, ovvero che Internet si sia evoluta sempre più verso un modello commerciale basato sulla pubblicità e le conseguenze di questo modello. Facebook o Google non guadagnano soldi direttamente dai propri utenti, ma dalla vendita delle informazioni che raccolgono su di noi. Se hai comprato A e poi compri B, prevedo che acquisterai C: questo è il dato che andrò a vendere al migliore offerente. E, dopo la previsione, il passaggio successivo è influenzare direttamente questi comportamenti: prevedendo che comprerai C, allora perché non acquisti direttamente C? Più problematica e insidiosa è la fase in cui si sostituisce il bene materiale con qualcosa di più intangibile, come le opinioni. Se in passato hai letto un particolare articolo, se ti sei espresso a favore o contro un argomento, allora penso che tu possa essere interessato a votare per la Brexit o per Trump. Essere in grado di influenzare il voto e la visione del mondo è una questione molto delicata, che non lascerei nelle mani di un gruppo ristretto di aziende Californiane.

Perché avete iniziato a creare opere con un un diretto riferimento alla cosiddetta “darknet”?

EM: L’internet che usiamo quotidianamente ruota attorno a pochi grandi epicentri come Facebook, Google e Amazon, sono loro il vero “Lato Oscuro”, dove vengono raccolti i nostri dati per essere profilati ed eventualmente influenzati. Poi esiste una parte della rete, chiamata darknet, che è anonima. Viene spesso dipinta come un luogo dove, per via dell’anonimato, si possono comprare armi, droga e pornografia, ma è proprio l’anonimato a renderla interessante. Dopotutto perché il voto è anonimo? Perché non può essere influenzato, perché ti permette di essere libero di scegliere. 

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