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Potential Worlds: la monumentale mostra euroasiatica che indaga arte e coscienza umana

Potential Worlds - Zurigo

Come gestire le rovine dell’Antropocene? Quali potenzialità si liberano quando l’uomo e la natura si incontrano e si alleano? Quale ruolo può svolgere l’arte come esperimento tecnologico, scientifico e sociale?

Potential Worlds - Zurigo

A questi quesiti tenta di rispondere Potential Worlds, la monumentale mostra euroasiatica che ci accompagnerà fino al 2021. Dimostrando come gli artisti lavorino a una coscienza sociale che coinvolga tutti gli esseri viventi. Visitabile sia al Migros Museum für Gegenwartskunst sia alloYARAT Contemporary Art Space nel Bayil District, in Azerbaijan.

Li abbiamo aspettati con trepidazione, augurandoci si trasformassero nei “Roaring Twenties” del nuovo secolo. Ma l’attesa è stata vana. Invece dell’ottimismo che contraddistinse quel particolare decennio del Novecento, gli anni Venti appena iniziati hanno inanellato una serie di eventi inimmaginabili, che ben figurerebbero come soggetto della sceneggiatura di un film apocalittico.

L’ondata di incendi in Australia che hanno causato la morte stimata di un miliardo di animali, l’invasione delle locuste che hanno devastato le coltivazioni agricole dell’Africa orientale e il picco di 18°C registrati a febbraio sulla penisola antartica continentale, sono solo alcuni dei disastri legati, secondo gli esperti, al riscaldamento globale.

Sono seguiti a ruota l’innalzamento dei prezzi delle materie prime, conseguenza diretta delle guerre che affliggono i territori dove sono localizzate le zone di estrazione più redditizie, e il virus COVID-19 che, diffondendosi da un paese all’altro a velocità sorprendente, ha rivendicato vite e sostentamento di un vasto numero di persone di differenti nazionalità, etnie e background socio-economico.

“Il principale filo conduttore che collega queste notizie apparentemente separate fra loro, è da ricercarsi nelle interazioni dell’uomo con l’ambiente e le altre specie viventi, dinamiche che, attraverso meccanismi vecchi e nuovi, sono state accelerate, raggiungendo livelli mai visti prima”.

Ad affermarlo sono Heike Munder e Suad Garayeva-Maleki, co-curatrici di Potential Worlds: un copioso dittico di mostre che esplorano il rapporto tra l’uomo e la natura. “Mentre rimaniamo e diventiamo sempre più i principali responsabili del cambiamento climatico e delle calamità naturali a esso associate, è tuttavia presente una grande spinta verso una nuova consapevolezza per un’azione immediata atta ad affrontare queste problematiche e inventare nuovi modelli di sopravvivenza. L’arte apre la strada all’emergere di nuovi pensieri ed è necessaria, ora più che mai, per sfidare la nostra preesistente comprensione dell’essere-nel-mondo”, concetto che il filosofo tedesco Martin Heidegerr sviluppò già nel 1927.

Rispettivamente direttrici del Migros Museum per l’arte contemporanea di Zurigo e dello YARAT Contemporary Art Space di Baku in Azerbaigian, Munder e Garayeva-Maleki hanno invitato nei loro rinomati spazi di livello internazionale, una serie di artisti contemporanei che, attraverso analisi critiche, riflessioni profonde e soluzioni immaginative, presentano nuove forme di esistenza e di “worlding” per un futuro possibile; declinate in due mostre distinte, ma legate dall’inseparabile relazione tra gli esseri umani e la natura.

In Potential Worlds 1: Planetary Memories le opere esposte evidenziano le conseguenze per l’ambiente e per le strutture sociali, mettendo in discussione i concetti delle scienze naturali sviluppatisi nel corso dell’appropriazione delle risorse naturali da parte dell’uomo e finalizzata alla ricerca del potere. I lavori presentati fanno luce anche sulle storie e su un possibile futuro della rete di relazioni tra l’uomo e la natura, stimolando la ricerca di riflessioni attraverso le seguenti domande: Come percepiamo la natura con i nostri sensi e quali sono i mezzi per poterla descrivere? Come possiamo essere all’altezza delle nostre responsabilità per il pianeta? Come pensiamo di poter coesistere su di esso?

Su questi quesiti si baserà Potential Worlds 2: Eco-Fictions, la seconda parte della mostra che condurrà un’esplorazione speculativa di nuove forme di vita e di comunità e dei ruoli in costante mutamento che l’uomo gioca in un’epoca di tecnologie post-umane all’avanguardia che consentono di riconvertirsi e di convivere. Insomma, l’arte contemporanea è indubbiamente sempre più interessata al fenomeno del cambiamento climatico e l’obiettivo potrebbe essere dei più nobili: sensibilizzare i cittadini verso un problema complesso e attuale, la cui comprensione è fondamentale per la vita stessa dell’umanità.

L’appropriazione e la distruzione dell’ambiente naturale sono tematiche ricorrenti della mostra.

Le opere esposte intraprendono un’acuta critica di queste dinamiche indicando potenziali vie di resistenza. Una delle principali preoccupazioni è lo sfruttamento delle risorse naturali. La kuwaitiana Monira Al Qadiri studia l’impatto dell’industria petrolifera sulla cultura dei paesi del Golfo Persico. Le sue astrazioni scultoree, ispirate alle teste di trivellazione, visualizzano il trasferimento forzato delle attività dei pescatori di perle in quel mare a causa delle installazioni petrolifere.

Al pari delle risorse naturali sfruttate per la produzione di energia, anche l’impatto ecologico dell’agricoltura è un peculiare argomento dell’esposizione. Il belga Mishka Henner visualizza con le sue stampe l’impatto dell’architettura industriale e dell’estrazione delle risorse. Basate su fotografie satellitari, che l’artista ha trovato online, esse mostrano campi petroliferi e vasti recinti d’ingrasso per bestiame. Opere che riecheggiano dipinti astratti, quanto astratte e inconcepibili sono diventate le dimensioni dell’agricoltura e dell’uso industriale del suolo. I lavori artistici in mostra s’interrogano anche sui modi per raccogliere e diffondere la conoscenza della natura quando l’uomo si crede in una posizione di dominio.

La gabbia dell’installazione The Library for the Birds of Zürich dello statunitense Mark Dion ospita diversi libri di ornitologia, strumenti per la caccia agli uccelli e fringuelli zebrati e canarini che vi scorrazzano. Le storie della scienza naturale e del dominio umano sugli animali s’intrecciano indissolubilmente, rivelando l’intento dell’artista di fare dono ai volatili ospitati nella gabbia del sapere che l’uomo ha accumulato su essi. L’esposizione solleva altresì la questione di quanto la natura abbia da ridire sull’uomo.

La francese Tabita Rezaire concepisce l’oceano come deposito di memorie delle azioni umane. Il video Deep Down Tidal, seguendo il cablaggio dei cavi sottomarini posati sui fondali oceanici per connettere il mondo intero in un’unica rete, rivela quanto questi percorsi siano identici alle rotte solcate dalle navi utilizzate per la tratta degli schiavi. L’artista getta così una luce su storia e geografia delle infrastrutture tecnologiche che estendendosi sul pianeta ne diventano parte inscindibile.

Quali siano le conseguenze a lungo termine della massiva presenza umana sulla Terra è il quesito che riecheggia per tutta la mostra.

La kazaka Almagul Menlibayeva alterna le immagini del rapido sviluppo urbano della capitale Nur-Sultan, già Astana, con quelle del cosmodromo di Baikonur. Lo spazioporto e i razzi che da lì si sollevano, generano detriti estremamente pericolosi per l’ambiente. Concependo un linguaggio visivo futuristico, l’artista esamina l’inquinamento generato dall’astronautica, ipotizzando per il futuro un pianeta invivibile, rovinato dalle strutture edificate dagli uomini.

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