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Alla scoperta della mixed media art. KULT incontra Rebecca Coltorti

mixed media artist - rebecca coltorti

Hai mai sentito parlare della mixed media art?

KULT da sempre è al fianco dei giovani talenti e dei creativi visionari. Uno scouting continuo che oggi ci porta a presentarvi Rebecca Coltorti, la mixed media artist di Spoleto che ha conquistato anche Adidas.

mixed media artist - rebecca coltorti

Tra i suoi punti di riferimento c’è l’artista inglese Quentin Jones. Non rinuncerebbe mai alla musica. È legatissima alla sua città natale e un grazie lo deve alla sua famiglia che ha sempre supportato la sua vena artistica. Classe 1995, nata a Spoleto, in Umbria, Rebecca Coltorti è la giovane esponente italiana della mixed media art che nonostante sia lontana da Milano e dalle più alte industrie di media, comunicazione e moda grazie a talento, gusto e una matrice innata per la sperimentazione, ha conquistato i brand del fashion. Come? Anche se lei definisce il suo rapporto con loro “distaccato”, è con i social che ha potuto avere tanta visibilità.

Noi l’abbiamo scoperta proprio lì. Il suo profilo Instagram (rebeccacoltorti_art), conta circa 15 mila follower e come un por- tfolio, raccoglie tantissimi dei suoi progetti. In cosa consiste il suo lavoro? Mescolare le tecniche tradizionali del disegno a quelle digitali. Il risultato finale è qualcosa di audace e accattivante.

Ora ci racconta i segreti della mixed media art.

In cosa consiste la mixed media art?

La mia arte rientra nel mondo del Collage. Mi definisco una mixed media artist, perché non lavoro solo con la carta e
in maniera prettamente analogica, né solo in digitale. Nei miei lavori mi piace inserire di tutto, soprattutto dettagli pittori-
ci ed elementi scansionati. Gli artwork nascono da un mix di hand-made e grafica.

In che modo approcciano le persone al tuo lavoro?

Molte volte i clienti o i fotografi mi contattano perché al loro progetto manca qualcosa, un tocco che dia personalità agliscatti. Non fanno direttamente riferimento al collage. Immagino che si aspettino un intervento grafico/artistico che li stupisca, senza dover per forza dare un’etichetta al mio lavoro.

Come è avvenuto l’avvicinamento al collage?

Durante le scuole superiori ho iniziato a dilettarmi nel ritrarre a matita, scegliendo soprattutto soggetti femminili. Di pari passo portavo avanti la mia passione per la grafica. L’approccio al mondo del collage è avvenuto quando ho capito che avrei dovuto mixare tutti questi elementi: il disegno/pittura, la grafica e la mia propensione a lavorare su modelle.

Quali sono i tuoi strumenti del mestiere e quali tecniche particolari usi?

Lo strumento che uso principalmente è Photoshop, dove creo le composizioni e con cui avviene il 90% della lavorazione. Non ho un approccio analogico al collage perché non mi dà abbastanza libertà di sperimentare, ma ricreo spesso alcune parti di artwork a mano così da poterne poi prendere la matericità, le texture, le ombre. Gli elementi stessi possono essere scansioni
di magazine o foto che stampo. Mi piace che la linea tra digitale e analogico non sia definita.

Qual è stato il tuo percorso?

Sin da piccola ho avuto la propensione al disegno e alla pittura. Ho frequentato la sezione scenografia dell’Istituto d’Arte della
mia città, Spoleto. Successivamente ho intrapreso un corso triennale di Graphic Design che però non ho portato a termi-
ne per potermi concentrare su quello che poi è diventato il mio percorso lavorativo.

Poi è arrivata la moda…

L’introduzione nel mondo della moda è avvenuta in maniera naturale, quasi inconsapevole, postando i miei lavori su Insta-
gram e iniziando poi a ricevere le prime attenzioni.

Secondo te oggi è difficile inserirsi e avere successo nel mondo artistico?

Prima di tutto va definito esattamente il concetto di successo, che è personale e che può quindi variare da persona a persona- Detto questo, nel senso ampio della parola, sì credo sia difficile. Perché la competizione è ovunque ed è spietata, di conseguenza emergere può essere un processo lungo e non senza ostacoli.

Quali sono i tuoi artisti di riferimento?

Sicuramente Quentin Jones, un’illustratrice, fotografa e film maker inglese. Ricordo che quando scoprii i suoi lavori pensai: se questo è un lavoro, io lo voglio fare. È stata ed è tutt’ora la mia fonte di ispirazione artistica principale.

Hai collaborato con diversi brand. Come sei entrata in contatto con loro?

Essendo totalmente estranea al mondo della moda e abitando anche lontano da Milano, dove tutto si svolge, entrare in contatto con nuovi clienti può essere complicato. Devo dire che nel mio caso il passaparola e Instagram sono una combinazione fondamentale per far sì che il mio lavoro venga notato dai marchi o dalle agenzie.

Qual è stato il progetto che ti ha dato più soddisfazione?

Sicuramente la collaborazione con adidas Originals dello scorso anno. Mi hanno dato l’opportunità di tenere una mostra nel loro flagship store a Milano e di creare un artwork ad hoc . È stata la mia prima mostra. Vedere i miei lavori uscire da uno schermo e diventare anche oltre due metri di altezza è stato davvero emozionante.

Qual è la tua opinione sul futuro della moda?

L’emergenza sanitaria (causata dalla comparsa del Covid-19 n.d.r.) ha avuto delle ripercussioni importanti sul settore della moda, rendendolo uno dei campi tra i più colpiti. Questo porterà sicuramente a ripensare o quantomeno rinnovare alcuni aspetti, puntando l’attenzione su temi sensibili (e già noti) come ad esempio la sostenibilità.

Quale consiglio daresti a un giovane che vuole intraprendere la tua stessa strada?

Direi di non farsi intimidire. In un momento storico questo dove tutti hanno a disposizione una vetrina – ovvero i social – e venendo quindi bombardati da immagini, la competizione può opprimere a tal punto da farti mollare subito. Il mio consiglio è di perseverare, continuare a creare, qualsiasi sia l’ambito d’interesse e soprattutto non mettersi costante-
mente a paragone con i risultati altrui.

Qual è il tuo rapporto con i social?

Non mi piace il dover sottostare a determinate regole per avere ‘il loro favore’. Dover postare frequentemente, a certi orari, sperare di prendere più like possibili nella prima mezz’ora…Sono dinamiche che non voglio influenzino il mio modo di lavo-
rare. I tempi di creazione dei miei artwork devono essere dettati dalla mia creatività, non da un algoritmo. Quindi lo definirei un
rapporto distaccato.

Indicaci tre profili che dovremmo seguire assolutamente su Instagram e perché.

Fabio Bozzetti (@fabiobozzetti), fotografo con cui ho collaborato molte volte e che è stato uno dei primi a credere nel mio lavoro. Erik Windowski (@erik.windowski) che crea clip pazzesche e Suffo Moncloa (@suffomoncloa) altro fotografo che amo.

Senti di dover ringraziare qualcuno per il tuo successo?

I miei genitori, in particolar modo mia madre. Se non mi avesse supportato in tutti i modi in cui si può supportare una persona, probabilmente ora non sarei qui a rispondere a queste domande.

Qual è la scuola migliore per chi intende studiare arte?

Non esiste una risposta universale. Penso dipenda tutto dal ramo artistico di interesse. Nel mio caso avere avuto una preparazione sia tradizionale che grafica è stato di grandissimo aiuto.

A cosa non rinunceresti mai?

La musica. Devo costantemente avere musica nelle orecchie.

Una cosa che ricordi con affetto?

Una vacanza con mio padre in Sardegna, parecchi anni fa, quando ero una ancora una ragazzina. Ho tanti ricordi su cui ancora ridiamo e averli condivisi con lui li rende speciali.

Il tuo posto preferito?

Vale dire la mia città, Spoleto! Il primo luogo da consigliare che mi viene in mente è sicuramente Piazza del Duomo. È il mio posto preferito, dove vado quando ho bisogno di liberare la mente, lo considero magico. Per il resto Spoleto è tutta da visita-
re: la Rocca Albornoziana, il Ponte delle Torri e il Teatro Romano.

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