All’Armani/Privé Club di Milano, a margine del suo live set, abbiamo incontratoGuy Gerber, il dj israeliano dal talento universalmente riconosciuto. Noto protagonista delle estati made in Ibiza con la sua serata Rumors, è un eclettico perfomer che ama confondere le aspettative.
Ecco un estratto dall’intervista sull’ultimo numero in edicola.
Guy Gerber come guest star dell’Armani/Privé suona un po’ insolito…
Credo ci sia qualcosa di profondamente rock and roll nel portare la musica dei club underground in contesti commerciali. È molto interessante poter osservare le reazioni delle persone che frequentano questi locali perché, pur non avendo né la conoscenza né la passione per una certa musica elettronica, nella maggior parte dei casi vengono colpiti da un effetto wow che li porta ad amare ciò che stanno ascoltando.
Come sei riuscito ad emergere da un contesto musicale così povero di artisti elettronici di qualità come quello israeliano?
Ho lavorato molto per arrivare a questo livello, ma mi ritengo fortunato. Chi nasce a Parigi è tenuto a confrontarsi con la French house, chi proviene dall’Italia si confronta con l’Italo Disco oppure con un’elettronica alla Marco Carola, chi nasce in Germania deve fare i conti con la techno. Il Paese da cui provengo, invece, non ha una storia musicale così forte quindi è stato semplice oltrepassarne i confini. Non avendo limiti di alcun tipo, né termini di paragone diretti, è stato facile fare la differenza.
Leggi l’intervista completa su Kult Magazine