IL VALORE DELLE IMMAGINI SECONDO IEVA PETERSONE E DIMITRI AGNELLO
In anteprima l’intervista a Ieva Petersone e Dimitri Agnello, i giovani artisti di UNO+UNO, la mostra inedita di M77 Gallery a Milano e in esclusiva sulle pagine del nuovo numero di Kult in edicola.
M77 Gallery, l’hub cretivo di Giuseppe Lezzi ed Emanuela Baccaro, presenta a Milano “1 + 1”, l’esposizione di due giovani talenti dell’arte che pongono l’accento sul valore illusorio e allusivo della dialettica delle immagini.
Da un lato le iconografie che popolano lo spazio di un’atmosfera dominata dalla contrapposizione di arazzi di grandi dimensioni, alternati a tele di piccolo formato. Bianco su bianco, evocative, bibliche. Nuove versioni di un Masaccio contemporaneo che nella loro trasparenza raccontano il valore dell’educazione, vista però come una sconfitta della società. Dall’altro, invece, dipinti concettuali carichi di colori brillanti e forme stimolanti, nati da una personale interpretazione ritmi-formica degli oggetti di design e un lavoro per sottrazione che indaga, un po’ come una seduta psicoterapica, la soggettiva percezione emozionale.
In occasione dell’anteprima di UNO+UNO, la doppia personale inedita di Ieva Petersone e Dimitri Agnello presentata da M77 Gallery e aperta al pubblico fino a sabato 21 aprile 2018, Kult incontra i due giovani artisti protagonisti di una originale dialettica sul colore e sull’uso dei materiali che esplicita, con esiti pur diametralmente diversi, una comune ricerca creativa basata sui rimandi, sull’allusione e sull’illusione dell’immagine.
Da quale riflessione nasce la tua esposizione?
D.A: L’immaginario della mostra è strettamente legato alla sfera dell’educazione. Educazione vista come imposizione, addomesticamento e canalizzazione dei pensieri in un’unica via. Era inevitabile il confronto con la religione. In questo senso la mostra parla di sconfitta e fallimento di una Nazione analizzata partendo dal secolo scorso, tramite i movimenti anche politici mossi dalla volontà di imporre un’ideologia e un determinato comportamento. Oggi si sta ripetendo tutto, le masse vengono spinte verso la diffidenza dello straniero, tutto questo era già accaduto e non ha portato a un buon epilogo. Al momento noto che c’è una forte tendenza e una nostalgia non vissuta di tornare a quei tempi. Buona parte di queste opere sono su cotone, è un lavoro che nasce prendendo spunto dall’arazzo del tardo ‘400. L’arazzo ha un’origine nobiliare e lo si nota non solo dal materiale che veniva usato, per esempio intrecciando fili d’oro e d’argento, ma anche da ciò che veniva rappresentato, come eroi, ritorni in patria e scene gloriose di cui il popolo doveva andare fiero. In questa rappresentazione mi interessava l’esatto opposto sia dal punto di vista dei materiali che dei soggetti. Ho analizzato le sconfitte e i fallimenti della società. Per esempio Expulsion, la “Cacciata dal Paradiso” è da vedere come un’espulsione dalla classe che, accostata alla presenza delle due mani che hanno una valenza davvero simbolica. Sembra che l’una chieda il permesso di poter dire o fare qualcosa e l’altra sembra invece che stia per esprimere un giudizio o, appunto, il gesto di una cacciata.
Che ruolo ha il valore dell’immagine e al contempo dell’artista?
D.A: Penso che il valore apportato da un artista o comunque di un soggetto che lavora per immagini, sia quella di sensibilizzare il pubblico a un certo tipo di visione. Oggi viviamo una saturazione di immagini, ogni giorno ne siamo bombardati senza nemmeno accorgercene, sono fotogrammi forti, da zone di guerra, ci pressano e si ammassano nella mente e non solo. Fotografie che ci hanno portato al punto di essere quasi insensibili, non riusciamo a interiorizzarle. Penso che ora il pericolo sia percepito come lontano perché è vissuto tramite un mezzo che è estraniante, per esempio il cellulare. Eugenio Turri ha scritto un trattato sul paesaggio, e qui parla di come questo sia cambiato, o meglio tramite l’invenzione del treno o della macchina, è cambiato il modo di come noi percepiamo il paesaggio. C’è un materializzarsi continuo di immagini che scorrono dal finestrino, e la stessa cosa succede tramite lo smartphone e i social network, mezzi così veloci che non ci lasciano percepite tutto.
Da cosa è composto il tuo lavoro qui?
I.P: I miei soggetti sono sedie e tavoli molto riconoscibili. Questo è parte della mia grande passione per il design. è un percorso sviluppato sin dal mio arrivo a Milano. Ho raccolto diversi materiali facendo fotografie in strada, oltre a quello che si può vedere nei saloni dedicati al design, a me interessavano le forme che si sviluppano negli angoli della città, dagli accatastamenti di oggetti magari vicino alla serranda di un bar. Dopo aver scattato davvero tante foto, mi sono resa conto dell’essenza ritmi-formica che ne usciva fuori, e questa era la cosa che più mi colpiva. Guardando bene tutti i materiali ho notato che, facendo un’operazione di sottrazione e dunque andando a levare tutto quello che era in più, le immagini creavano altre forme che non c’entravano più con l’oggetto in sé, ma sviluppavano delle concatenazioni di pensieri. Vorrei che guardando ogni quadro si possano aprire paragoni e sensazioni diverse, o magari anche uguali.
In 1+1 qual è il punto di incontro tra il tuo lavoro e quello di Dimitri?
I.P: Penso che il contrasto e la diversità sia la cosa più bella che è nata da questo progetto. Tecnicamente sono due cose opposte che dialogano tra loro. È strano, ma il nostro pensiero coincide col fenomeno del paragone, di cose che stanno dietro all’oggetto. Il desiderio di voler vedere il mondo da un’altra prospettiva. Penso che siamo saturi di immagini e di informazioni, accumuliamo tutto e, a volte, ci lasciamo influenzare. Voglio dare altri stimoli alleggerendo il mondo tramite l’uso del colore. Vorrei che le persone si soffermassero a osservarlo per lasciarsi rapire dalle sensazioni viscerali che stimola. Nelle mie opere il colore è la cosa quasi più importante, lo scelgo in base alle mie emozioni e agli abbinamenti possibili. La caratteristica principale è la brillantezza, deve essere forte, a volte quasi cattiva. L’arte è inevitabilmente psicologica e ha molto a che vedere con il modo in cui noi interpretiamo le cose. Nei miei dipinti il colore a volte attira l’attenzione, altre volte tranquillizza, altre ancora inquieta.