IN MOSTRA LA RIVOLUZIONE DI CHI VOLEVA CAMBIARE IL MONDO
Alla Fabbrica del Vapore di Milano va in mostra “Revolution. Musica e ribelli, 1966-1970 dai Beatles a Woodstock”. La retrospettiva che analizza il quinquennio di grandissimo fermento, smosso dai più celebri sognatori erranti che dalla musica alla moda, passando per la politica e lo spettacolo, hanno dato al mondo una motivo in più esprimersi.
Dopo il Victoria & Albet Museum arriva a Milano la grande celebrazione di quelli che sono stati cinque, tra gli anni più creativi di tutti i Sessanta grazie ad un allestimento curato da Victoria Broackes e Geoffrey Marsh dello storico museo inglese, insieme a Fran Tomasi, uno tra i maggiori promoter italiani che per primo portò in Italia i Pink Floyd. Poi Clara Tosi Pamphili, giornalista e storica della moda, e Alberto Tonti, noto critico musicale. Per una mostra prodotta da Comune di Milano, Fabbrica del Vapore, Avatar-MondoMostre Skira.
Tutto guarda ad un percorso esperienziale costruito tramite oggetti, memorabilia, design, arte, grafica e soprattutto musica. I ruggenti Sessanta vengono trasformati nel manifesto che raccontano di quando nel suo Bazaar di Kings Road, Mary Quant inventa la minigonna e da subito diventa l’oggetto trasgressivo di una nuova emancipazione femminile, decisamente liberale anticostrizione. Un momento in cui dall’Inghilterra, da Londra in particolare, ovviamente da Carnaby Street arrivano in tutta Europa gli echi di rivoluzionari momenti che cambieranno il divenire di una società estremamente eterogenea e per volontà anche poco amalgamata. Protagoniste le controculture, piccoli gruppi di geniali individui che hanno dato vita alle maggiori diversificazioni degli stili e della moda, ma non solo. Attimi in cui tutto è fervore, in quei cinque anni raccontati nella mostra, è ancora più evidente grazie ai giovani pensatori che un pò per ideologia e un pò per leitmotiv non ci stanno, sono contro l’imposizione e allora manifestano. Manifestano contro l’abuso, la violenza e la guerra. Immancabili le rivolte studentesche durante tutto il Sessantotto, mentre nel frattempo dall’America arriva il monito pacifista che vede legare le sue bandiere al mondo della musica, si impongono sulla scena le band come i Beatles, i Rolling Stones e gli Who, ma ancor di più le grandi aggregazioni come i festival, Woodstock per esempio.
Strade, ispirazioni, modelli che arrivano in Italia anche grazie al cinema firmato da Antonioni. Il Bel Paese diventa protagonista di una crescita apparentemente incessante grazie al boom economico e ad un’impressionante ondata di scolarizzazione che vede il raddoppiarsi delle iscrizioni all’Università. Anche qui la protesta è coltivata dagli stessi sentimenti che si riconoscono nei valori dell’amore, dell’amicizia e della libertà. L’unica grande preoccupazione ruota attorno al dilemma della vita nel futuro. Come per l’Inghilterra e l’America il veicolatore del dissenso è la musica. Sogni e ambizioni che sono diventati la parafrasi della società moderna. Tutti in qualche modo speravano di cambiare il mondo, o almeno lasciare il segno indelebile del loro passaggio. Personaggi e avvenimenti che per il loro impatto culturale non hanno potuto che plasmare a più riprese, praticamente ogni anno come ad ogni stagione stilistica, o ad ogni ritornello vintage oppure ricorrenza, anche il mondo attuale.